sexta-feira, 13 de fevereiro de 2009

Il vescovo di Pechino, il Vaticano e i compromessi con l’Associazione Patriottica

Asia News, martes, 3 de febrero de 2009


di Bernardo Cervellera

A poco più di un anno dall’ordinazione del loro attuale vescovo, i cattolici di Pechino sono divisi sulla stima verso di lui, e crescono sempre più coloro che lo accusano di essere un traditore della Chiesa di Roma.

Monsignor Giuseppe Li Shan, 44 anni, è stato ordinato il 21 settembre del 2007 con l’approvazione del papa. Ma, in carica da poco più di un anno, il suo atteggiamento verso il Vaticano sembra essere cambiato. I cattolici dicono che colui che era giunto per sostituire il vescovo patriottico Michele Fu Tieshan, morto un anno prima, cammina a grandi passi verso una ripresa del patriottismo e dell’autonomia dalla Santa Sede.

I fedeli sono infatti sbalorditi dal suo modo di fare e dai suoi discorsi che sembrano sempre più scivolare in un servilismo totale verso l’Associazione Patriottica, il cui scopo è edificare e controllare una Chiesa cattolica cinese indipendente da Roma.

Vescovo e servo del potere

Alcuni suoi discorsi, in particolare, sono molto rivelatori. Il primo è stato tenuto il 25 novembre scorso durante un corso di formazione per sacerdoti e fedeli. Il vescovo ha esordito lodando i progressi avuti dalla Chiesa grazie ai trent’anni di riforme di Deng Xiaoping. E già l’utilizzare un corso di formazione alla fede per tributare un omaggio alle modernizzazioni di Deng è parsa ai fedeli una “tassa pagata al potere politico”. Ma il seguito è stato ancora più sconcertante. In esso monsignor Li Shan ha difeso l’operato del suo predecessore, monsignor Fu, per aver “iniziato la gloriosa tradizione di amare la patria e amare la Chiesa” e per averla diffusa nella diocesi di Pechino. Lo slogan “amare la patria, amare la Chiesa” è proprio lo slogan dell’Associazione Patriottica, che vuole sottomettere la vita della Chiesa all’obbedienza al partito comunista.

Quella triste vigilia di Natale

Un altro discorso simile al precedente è stato tenuto da monsignor Li Shan alla vigilia di Natale del 2008. Alle 7 di sera egli ricevette la visita di Ye Xiaowen, direttore dell’amministrazione statale per gli affari religiosi, di Zhou Ning, direttore della seconda sezione del Fronte Unito, di Tong Genzhu, viceministro del dipartimento centrale del Fronte Unito, e di tanti altri, tra i quali il vicesindaco di Pechino Niu Youcheng.

Anche in questa occasione i fedeli sono rabbrividiti. Monsignor Li Shan — che sembrava dover finalmente concludere l’epoca di Fu Tieshan che, asservito al partito, sempre rifiutò la riconciliazione con la Santa Sede — ha ringraziato il governo di Pechino per l’aiuto e il sostegno su ogni aspetto della vita della Chiesa, assicurando che essa continua a tenere alta la bandiera di “amare la patria e amare la chiesa”, e a seguire la strada di “indipendenza e di autogestione della Chiesa” [da Roma], cercando di rendere la Chiesa Cattolica un modello nella costruzione della società armoniosa.

In tutti questi discorsi e pronunciamenti, il tono e gli slogan usati sono caratteristici proprio del linguaggio del partito e del periodo più radicale del comunismo in Cina, quello della Rivoluzione Culturale. I fedeli si stupiscono e si domandano come mai, in poco tempo, il loro pastore si sia trasformato in una Guardia Rossa, mostrando un servilismo verso il potere ancora più spinto di quello del suo predecessore.

Il Papa: l’AP è “inconciliabile con la dottrina cattolica”

L’AP, fondata nel 1958, da mezzo secolo tenta in tutti i modi di dividere la Chiesa, ordinando vescovi senza l’autorizzazione del papa. Negli anni passati molti vescovi della Chiesa patriottica hanno poi domandato perdono per la loro situazione di distacco, e grazie alla magnanimità di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI, si sono riconciliati con la Santa Sede. Nel gennaio del 2007, lo stesso Vaticano aveva annunciato che la “quasi totalità” dei vescovi ufficiali riconosciuti dal governo sono ormai in comunione piena anche con la Santa Sede.

La lettera pubblica di Benedetto XVI ai cattolici cinesi del 30 giugno 2007 riaffermava questa forte comunione. Ma metteva anche in luce che l’AP è una struttura contraria alla fede cattolica, avvertendo che “attuare i principi di indipendenza, autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa è inconciliabile con la dottrina cattolica”.

Che il vescovo di Pechino, ordinato con l’approvazione del papa, si sia messo a difendere ciò che è “inconciliabile” con la Chiesa cattolica è quindi una grossa sconfitta per il Vaticano. In un blog tenuto da alcuni fedeli si parla di monsignor Li Shan come di una “bomba ad orologeria” che va a colpire la Chiesa di Roma..

La timida lettera del Cardinale Bertone

Per tenere uniti i vescovi e frenare l’influenza dell’AP, il 22 aprile 2008 il Vaticano ha inviato una lettera a tutti i vescovi cinesi in comunione con Roma. La lettera, con la firma del segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone, ha impiegato mesi per essere recapitata personalmente a tutti i circa 90 vescovi della Chiesa ufficiale e sotterranea. Alcuni di loro l’hanno ricevuta solo nel dicembre del 2008.

In essa il cardinale Bertone richiama “i principi fondamentali della fede cattolica” e ricorda il valore della comunione dei vescovi col papa e fra di loro. Per questo egli, a nome del pontefice, domanda a tutti i prelati di “esprimere con coraggio il proprio ufficio di pastori”, promuovendo la natura cattolica della Chiesa e cercando di ottenere maggiore libertà di attività dalle autorità civili attraverso un dialogo diretto e rispettoso. Il cardinale spinge i vescovi ad “agire insieme”, richiedendo il diritto di incontrarsi come gruppo e di poter discutere in libertà dei loro problemi, senza interventi esterni. E infine suggerisce ai pastori di trovare “una posizione corretta da adottare riguardo a quei corpi a cui si riferisce la sezione n. 7 del documento papale”. Il riferimento è proprio all’AP e al suo concetto di Chiesa indipendente e autogestita.

Il timore di molti cattolici, ufficiali e sotterranei, è che mancando indicazioni più precise ed incisive da parte della Santa Sede, i vescovi ufficiali si lascino trasportare dagli eventi e da interpretazioni personali della lettera del papa, piegandosi a compromessi.

Un sondaggio tra i vescovi cinesi

Nei mesi scorsi, a oltre un anno dalla lettera del papa ai cattolici cinesi, Asia News ha svolto un’inchiesta fra i vescovi della Cina per sapere come accolgono e applicano le indicazioni di Benedetto XVI. Alcune risposte sono stupefacenti. Da un lato diversi vescovi elogiano il valore della lettera e dell’insegnamento del pontefice, che spinge all’unità con lui e fra di loro. Dall’altro essi sembrano non essere scossi per nulla dal fatto che il documento definisca i programmi e la politica dell’AP come “inconciliabili” con la dottrina cattolica.

Così, nelle risposte, diversi vescovi ufficiali si sono sciolti in elogi sperticati dell’Associazione, del suo “aiuto alla Chiesa” e “ai bisognosi”, del suo “prendersi cura della religione”. Alcuni vescovi della Cina centrale giungono perfino ad affermare che l’AP “è tutt’uno con la Chiesa”.

Il Cardinale Zen: niente più compromessi

In questa situazione ambigua e ingarbugliata, è emersa la voce chiarificatrice e netta del cardinale Joseph Zen Zekiun, di Hong Kong, che ha domandato a vescovi e preti della Chiesa ufficiale di essere più coraggiosi e di non cedere a compromessi con il regime.

In un articolo nell’edizione del 4 gennaio 2009 del settimanale diocesano Gong Jiaobao (tradotto poi anche nel settimanale in inglese Sunday Examiner) egli esorta vescovi e sacerdoti cinesi ad imitare le virtù di santo Stefano, il primo martire cristiano, e a non sottostare più ai comandi dello stato contrari alla fede. L’articolo porta il titolo: Ispirazione dal martirio di santo Stefano e in esso il cardinale Zen fa un’analisi della vicenda della Chiesa cattolica in Cina negli ultimi due anni, a partire dalle ordinazioni episcopali illecite del 2006, alle quali presero parte anche una decina di vescovi riconosciuti dal Vaticano, per paura o perché ingannati.

Zen ricorda poi il “raggio di speranza” brillato nel 2007 con un incontro in Vaticano sulla Chiesa in Cina e soprattutto con la diffusione della lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi. Il vescovo di Hong Kong sottolinea che, nella lettera, il papa afferma che l’Associazione Patriottica cinese ha dei fini contrari alla fede cattolica e aggiunge che è proprio l’AP la “causa maggiore di tutti i problemi della Chiesa in Cina”.

A questo proposito, il cardinale si scaglia contro alcune interpretazioni della lettera fatte in particolare dal missionario Jerome Heyndrickx, secondo cui sarebbe finita l’era della Chiesa sotterranea e tutti i suoi vescovi dovrebbero entrare nella Chiesa ufficiale. In realtà, afferma il cardinale, il papa “ammira la loro fedeltà senza cedimento e li incoraggia a perseverare”, come testimoniato da un discorso di Benedetto XVI all’Angelus della festa di santo Stefano del 2006. 

Nenhum comentário: