segunda-feira, 3 de novembro de 2008

Il laicismo fondamentalista minaccia l’America di Mary Ann Glendon

L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2008


Per affrontare i temi della religione e della libertà, non è possibile cominciare senza rendere omaggio a Tocqueville. Dopo la sua visita negli Stati Uniti nel 1831, diceva: “Tutti quelli che amano la libertà dovrebbero affrettarsi a chiamare la religione in loro aiuto. Poiché dovrebbero sapere che non si può stabilire il regno della libertà senza quello dei buoni costumi, né creare buoni costumi senza la fede”.

Oggi è molto interessante notare che queste proposte di Tocqueville sono anche temi centrali nei recenti discorsi di Papa Benedetto XVI. Come americana, confesso che ho sentito una certa fierezza la prima volta che ho ascoltato il Santo Padre lodare il modo americano di organizzare i rapporti tra lo Stato e la religione. Sua Santità ha detto che questo modello (che chiama “un concetto positivo di laicità”) — non solamente permette la coesistenza pacifica tra molte religioni, ma permette loro anche di prosperare.

Durante il suo viaggio a Washington in aprile, il Papa ha trovato “affascinante” il fatto che i padri fondatori americani avessero volutamente creato uno stato laico — non perché erano ostili alla religione, ma “per amore della religione nella sua autenticità che può essere vissuta solo liberamente”. Poi, il Pontefice ha sottolineato che gli americani non esitano “ad introdurre nei loro discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica”.

Il Papa ha descritto l’America come un paese “dove la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non soltanto tollerata, ma apprezzata come l’anima della nazione e come una garanzia fondamentale dei diritti e doveri umani”.

Ma, come coloro che conoscono il pensiero di Papa Benedetto hanno già capito, queste parole cortesi erano accompagnate da altre parole, parole di avvertimento. Il Papa è un osservatore troppo acuto per non aver notato che c’è una lotta tra coloro che si sforzano di mantenere il laicismo positivo e coloro che sperano di sostituirlo con il genere di laicità che egli ha lungamente deplorato.

Per quanto riguarda i rapporti tra chiese e stato, la legittimità di ogni forma di cooperazione tra le chiese e gli stati è stata oggi posta in dubbio. Quindi gli ospedali, le scuole, ed i diversi servizi sociali che sono affiliati alle istituzioni religiose si trovano a dover affrontare scelte difficili. Nel Massachusetts, per esempio, nel 2006, Catholic Charities ha dovuto abbandonare il proprio impegno nel settore dell’adozione dopo che lo Stato ha ordinato loro di permettere l’adozione anche a persone omosessuali. Le pressioni sulle organizzazioni a sacrificare i propri principii evidentemente sono forti.

La migliore descrizione della situazione giuridica attuale è probabilmente quella del professore Philip Hamburger (autore di un libro magistrale sulla storia della libertà religiosa negli Stati Uniti): “Il primo emendamento, originalmente disegnato a limitare il governo, è stato interpretato dalla Corte in modo crescente a limitare la religione ed a confinarla nella sfera privata”. Questa interpretazione — basata su un concetto molto individualistico della libertà — ha per effetto di limitare la libertà religiosa di molte persone — persone per le quali la comunità del culto è importante.

Naturalmente, ci sono eccezioni a queste tendenze. Ma non è un’esagerazione dire che, nella situazione attuale, il “modello positivo” di laicità sta lottando per la sua vita.

È forse adesso per voi più chiaro per quale motivo ho dovuto ri-esaminare la mia reazione iniziale alla lode che il Papa Benedetto ha benevolmente rivolto al “modello americano”. È meglio, penso, vedere le sue parole di lode come elementi di una saggia strategia pastorale. Il Papa ha provato a farci ricordare le cose migliori delle nostre tradizioni, ed incoraggiarci a ricuperare la nostra eredità. Quello che da prima sembrava essere una lode era in realtà un’esortazione!

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